Adulti e Famiglia

La famiglia comunità d’amore

Cosa significa per la Chiesa comunità d’amore?

“E poiché, secondo il disegno divino, è costituita quale «intima comunità di vita e di amore (G.S. 48), la famiglia ha la missione di diventare sempre più quello che è, ossia comunità di vita e di amore (dunque) Ogni famiglia scopre e trova in se stessa l’appello insopprimibile, che definisce ad un tempo la sua dignità e la sua responsabilità: famiglia, diventa ciò che sei!” Per questo motivo “la famiglia riceve la missione di custodire, rivelare e comunicare l’amore, quale riflesso vivo e reale partecipazione dell’amore di Dio per l’umanità e dell’amore di Cristo Signore per la Chiesa sua sposa.”  (cfr. F.C.17).

In questo contesto, i tre termini si spiegano così: custodire (vigilare su ciò che è affidato alle nostre cure) significa che alle famiglie che si riconoscono nel progetto di Dio è affidata la responsabilità di vigilare sull’essere famiglia, e dunque di far conoscere in tutta la sua bellezza il progetto di Dio (ri-velare significa proprio far conoscere in profondità, togliere il velo, ciò che maschera) e di rendere partecipe (è il principale significato di comunicare), chi ci conosce o chi vive accanto a noi del senso del nostro stare insieme nel nome del Signore.

Comunità e comunione

“La famiglia fondata e vivificata dall’amore, è una comunità di persone: dell’uomo e della donna sposi, dei genitori e dei figli, dei parenti. Suo primo compito è di vivere fedelmente la realtà della comunione nell’impegno costante di sviluppare un’autentica comunità di persone.” (cfr. F.C.18)

Solo l’uomo e la donna sono capaci di esistere in comunione perché nessun altro dei viventi è stato creato ad immagine e somiglianza di Dio.

“La paternità e la maternità umane, pur essendo biologicamente simili a quelle di altri esseri in natura, hanno in sé, in modo essenziale ed esclusivo una somiglianza con Dio sulla quale si fonda la famiglia, intesa come comunità di vita umana, come comunità di persone unite nell’amore.” (G.P. II° Lettera alle famiglie par. 6)

“La comunione riguarda la relazione personale tra l’io e il tu. La comunità supera questo schema nella direzione di una società, di un noi. La famiglia come comunità di persone sorge quando i coniugi si aprono ad una perenne comunione di vita e di amore e si completa pienamente e in modo specifico con la generazione dei figli: la comunione dei coniugi dà inizio alla comunità familiare” (G.P. II° Lettera alle famiglie, 7)

Il principio guida

Il principio interiore, la forza permanente e la meta ultima di tale compito è l’amore: come, senza l’amore, la famiglia non è una comunità di persone, così senza l’amore, la famiglia non può vivere, crescere e perfezionarsi come comunità di persone. “L’uomo non può vivere senza amore. Egli rimane per se stesso un essere incomprensibile, la sua vita è priva di senso, se non gli viene rivelato l’amore, se non si incontra con l’amore, se non lo sperimenta e non lo fa proprio, se non vi partecipa vivamente. L’amore tra l’uomo e la donna nel matrimonio e, in forma derivata ed allargata, l’amore tra i membri della stessa famiglia – tra genitori e figli tra fratelli e sorelle, tra parenti e familiari – è animato e sospinto da un interiore e incessante dinamismo, che conduce la famiglia ad una comunione sempre più profonda ed intensa, fondamento e anima della comunità coniugale e familiare. (cfr. F.C.18)

Si può amare secondo le modalità di Dio?

Qui si delinea un cambiamento, probabilmente molti si troveranno spiazzati, infatti è un cambiamento non facile da capire e, forse, neppure da accettare. L’amore sembra vero, sincero, generoso quando è spontaneo. Quando un amore è comandato ci sembra una contraddizione. Nella Bibbia e nel concetto di alleanza amore e comandamento sono reciproci: l’amore può essere solo comandato e il comandamento può essere solo dell’amore.

“Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutte le tue forze.” Dt. 6,5

“Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi.” Gv. 15,12

“Voi mariti amate le vostre mogli come Cristo ha amato la Chiesa” Ef. 5,25

L’amore spontaneo è quello che scaturisce dall’io, dall’uomo, e questo amore va verso l’altro per un proprio bisogno di essere, alla ricerca della propria identità, è un amore catturante, di possesso. Non è un’uscita da sé, è un far rientrare l’altro dentro ai propri bisogni. Questo amore non conosce una vera alterità perché l’altro è finalizzato alle proprie necessità: desidero essere amato. Invece, l’amore come comandamento dice risposta ad una chiamata che viene dal di fuori, obbedienza ad un appello, (obbedienza deriva da obaudire che significa udire in profondità). L’amore spontaneo non è amore libero perché cerca il proprio piacere, il proprio interesse. E’ un uscire da sè per avere, per compensarsi, è un amore bramoso. Non è l’incontro reale con l’altro, con le sue esigenze, è un incontro con se stessi, con le proprie necessità. E quando l’altro non risponde alle proprie attese non ci interessa più.

Qual è il disegno di Dio sulla famiglia?

“Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò”. (Gn. 1,27). 

Non è Dio che guardando l’uomo vede un’immagine di sé, ma gli altri esseri viventi che guardando l’uomo vedono un’immagine di Dio. Infatti queste parole evidenziano come Dio ha impresso dentro di noi, in modo indelebile, lo stampo di se stesso. Ciascuno ha dentro di sé il segno della presenza divina perché siamo sua immagine. Dio ha chiamato l’uomo e la donna all’esistenza per amore. Creandola a sua immagine, Dio introduce nell’umanità dell’uomo e della donna la vocazione all’amore. Di conseguenza ogni coppia si realizza nella misura in cui vive la scoperta di questa vocazione. L’amore è dunque la fondamentale e originaria chiamata di ogni vocazione.

L’essere umano è creato così non per rimanere in solitudine, ma perché trovi nell’altro completamento, aiuto scambievole, pienezza di vita. Infatti l’uomo cercherà sempre la donna, perché è stata tolta dal suo corpo e unendosi a lei riacquista ciò che gli era stato tolto, ridiventando intero. L’amore per la moglie è per questa ragione più forte di quello per il padre o la madre dai quali ha pure ricevuto la vita. La donna dà all’uomo ciò che i genitori non gli possono dare l’integrazione piena di sé.

Qual è lo specifico della vocazione al matrimonio?

Nella misura in cui il cristiano vede nel suo battesimo una fondamentale vocazione a costruire una comunità umana nuova e una storia nuova, scopre che anche il suo orientamento al matrimonio è un fatto di vocazione.

La vocazione, come volontà di Dio, normalmente non nasce in un contesto miracoloso: la trascendenza si inserisce nella storia e la rispetta. Ma questo non impedisce che possa esistere nel progetto di Dio la vicendevole destinazione di due persone a costruire nello stato sponsale una situazione storica di salvezza.

Il cristiano che accetta di porsi in questo atteggiamento è in grado di recepire che egli è destinato ad essere storicamente una grazia di Dio per un’altra persona che è a sua volta destinata ad essere una grazia di Dio per lui. Come nel battesimo il credente è chiamato da Dio ad essere una grazia e una proposta di salvezza per gli uomini in genere, nel matrimonio è chiamato ad esserlo per una persona particolare.

Nella misura in cui gli sposi cercano di essere una grazia di Dio incarnata diventano il segno efficace dell’amore di Dio l’uno per l’altro e per tutti quelli che vivono accanto a loro.

In altri termini possiamo dire che l’unità coniugale cristiana può concretizzarsi nel vicendevole impegno a realizzare quanto i singoli coniugi “sono” e quello che i singoli coniugi “hanno”, sia nell’ordine delle capacità umane che spirituali, sia nell’ambito dei beni reali e dell’attività quotidiana. Una sintonizzazione così armoniosa della coppia non è, certo, facilmente raggiungibile; non solo perché è una meta che deve fare i conti con il “difficile quotidiano”, ma perché nella misura in cui una persona non ha mai finito di realizzarsi, l’incontro di due persone ognuna delle quali vede nel “farsi “dell’altro una fonte di realizzazione per sé, non sarà mai un fatto interamente compiuto. Allora la loro unione comporterà la sperimentazione piena di quanto ogni coniuge ha contribuito alla realizzazione dell’altro e comprenderanno altresì che i loro insuccessi storici per quanto amari hanno avuto una duplice funzione: quella di mettere in chiaro che la ragione ultima di ogni nostra speranza è Dio; e che neppure il miglior coniuge può essere un sostitutivo di Dio.

Cosa significa vivere e costruire una famiglia?

Sicuramente la prima attenzione da avere nel pensare la famiglia come comunità d’amore è “il farsi” della coppia e della famiglia stessa. Si tratta di imparare a vivere, a realizzare e costruire reciprocità e fecondità: cioè donazione, comunione intima, proprio a incominciare dai protagonisti stessi della coppia e quindi anche dai figli. Per estendersi poi a tutte le realtà personali e comunitarie che in qualsiasi modo entrano in contatto con il nucleo della famiglia. Un farsi reciproco che non è pura complementarietà, cioè pura somma di fattori ma reciprocità cioè capacità di rendersi fattori attivi di una sorta di reazione chimica di vitalità.

In questo farsi reciproco abbiamo individuato alcuni atteggiamenti che riteniamo indispensabili per realizzare questa comunità d’amore.